In occasione del Natale 2007 ho realizzato per il Comando di un Ente Militare una tiratura di stampe al carbone. Sono immagini di velivoli antichi custoditi a Vigna di Valle, presso il Museo Storico dell’Aeronautica Militare. Ghiotta occasione per vedere, toccare ed ovviamente fotografare (dopo 40 anni sta diventando una forma percettiva, sarà grave?) oggetti affascinanti, che urlano il segno dell’uomo. I biplani, a mio avviso, più belli sono lo SVA che fu di Gabriele D’Annunzio, lo Spad VII di Ruffo di Calabria ed il MACCHI – HANRIOT HD1. Questi tre aerei sono custoditi nel primo angar, impensabile di spostarli ne di poter allestire un set per gestire la luce, ma fortunatamente l’ampia vetrata a sud che dà Vista lagosul lago riesce a coprire ed ammorbidire le luci artificiali mentre a levante ed a mezzogiorno, in alto, si aprono degli ampi finestroni: nel corso della giornata ogni velivolo si troverà in condizioni ottimali, basta solo attendere. Viste le condizioni di ripresa e la passione per il dettaglio, in un primo momento ho pensato ad inquadrature piuttosto strette che sintetizzassero i valori dei biplani: oggi ci sembra impossibile che quelle cose di tela e legno riuscissero a volare, ma si capisce come i futuristi fossero affascinati da un motore e dalla potenza che può esprimere. Dunque gli elementi: motore, elica, materiali. E’ sempre opportuno durante un lavoro prender le distanze da ciò che si sta facendo, da una parte per non caderci dentro, dall’altra per non dimenticare le esigenze di chi ha richiesto le immagini. Durante una pausa a bordo lago Ferri) ho considerato l’opportunità di scattare anche qualcosa di più descrittivo utilizzando una focale più corta. Fortunatamente, dal momento che proprio su quel tipo di immagini si è orientata l’attenzione della committenza.
Nel caso dello Spad, che si trova proprio a ridosso della vetrata, verso le 11 un raggio di sole aveva creato una vista suggestiva ed ho dunque pensato ad un hdr per sottolineare l’effetto e la terza dimensione. Per ottenere valori dinamici ho optato sin dall’inizio per un taglio inclinato ma il fondo è risultato comunque eccessivamente “sporco”.
Non ricordo chi ha detto o scritto che i musei sono i cimiteri delle opere d’arte e questo mi ha sempre procurato una sensazione di disagio poiché lo ritengo terribilmente vero. In passato ho avuto occasione di collaborare a stretto contatto con archeologi, ed ho avuto modo di vedere lo stesso pezzo durante lo scavo e successivamente tirato a lustro ed imbellettato in ambiente museale rarefatto e filtrato: sensazioni assolutamente lontane.
Tornando al nostro aereo, oggetto rumoroso fatto per volare che dunque ha ben poco a che vedere con l’aria che si respira in un museo, mi è sembrato opportuno procedere con un’operazione di decontestualizzazione.
Tutto questo ha necessariamente incrementato il lavoro di post produzione, per pulire l’inquadratura dalle strutture. In teoria, quasi routine, ma…le ali di un biplano sono tenute insieme da una miriade di tiranti!!! Tra gli strumenti di selezione dei gestori di immagine credo che il più potente siano le curve di Bézier per precisione, rapidità e interattività con altri strumenti; sono salvate nella palette tracciati, sono modificabili, è possibile richiamarle all’occorrenza per usi ulteriori e la loro trasformazione in selezione può essere pilotata.
Questo tipo di operazioni in genere va utilizzato con parsimonia poiché se la congenita secchezza si controlla imponendo l’adeguata sfumatura alla selezione di risulta, producono comunque una più o meno marcata sensazione di innaturalezza.
Nel caso mi sembrava indispensabile uscire dal quadro documentario e descrittivo per proporre un “ambiente” poetico, fatto da emozioni più che da suggerimenti. Ho dunque adottato questa soluzione:
sotto un livello flou, generato dall’imagine originale scontornata ed applicando un controllo sfumatura, sopra a questo
lo stesso livello prima di applicare il filtro, per mantenere materia e dettaglio. La maschera di livello consente di graduare l’intervento con pennellate ad hoc fino ad ottenere il risultato pre-visto. Gli esperti di editing noteranno che i livelli non sono solo mascherati, ma anche sfondati ed in effetti quella dovrebbe esser la corretta procedura, fatto è che paleo-fotografi come me si portano dietro vecchi concetti di camera oscura ed a volte non resisto al piacere di sfondare usando del… ferricianuro digitale.
L’operazione più semplice per evitare il “galleggiamento” dello spad è stata quella di mettergli dietro un cielo, didascalico quanto inevitabile. facendo ovviamente attenzione a rispettare la declinazione della stella.
la stampa dello spadA questo punto, stampato il negativo, sono passato alla parte per me più appassionante: trasformare l’immagine in una stampa, in un oggetto, lavorando in camera oscura, questa volta quella vera e non virtuale.
Ho utilizzato un papier tissu fatto con Black Lamp della Windsor & Newton, un nero leggermente caldo, dotato di grandissima stabilità sul quarto di foglio della Artistico Fabriano collata e stabilizzata.
Ho usato interventi analoghi, anche se meno impegnativi, per gli altri due biplani, ed ovviamente la stessa carta e lo stesso pigmento.
Lo Sva in particolare ha raccolto lusingihieri consensi, probabilmente per una sua “presenza” marcata. Qualche settimana dopo aver consegnato le tre tirature son tornato sul lavoro a mente fredda, per gustarmelo, diciamo dopo aver digerito un lavoro intenso. Quest’ultimo aereo, lo SVA ha
indubbiamente qualcosa in più, vuoi l’inquadratura più stretta e dunque sintetica, vuoi il punto di vista o il taglio o chissà cos’altro. Ho voluto dunque stampare qualcosa per me, una piccola tiratura di cinque stampe, da un file rimasto trascurato, ma che trovo molto potente. Un modo, probabilmente, di riappropriarmi del tempo e delle emozioni.